Santa Caterina com'era

Fotografie di una vecchia strada di Bologna Via Santa Caterina, prima della ristrutturazione a metà degli anni '70.

2006/11/04

Santa Caterina strada della vecchia Bologna (introduzione)

Questo blog vuole essere un omaggio alle mie radici bolognesi. Via Santa Caterina è il luogo dove mia nonna viveva, mia madre e le sue sorelle affrontavano la difficile adolescenza del dopoguerra e dove, infine, io ho avuto una grande parte della mia infanzia. Scale buie e spesso con la latrina sul pianerottolo, muri umidi, finestre affacciate su altre finestre. Il tutto popolato da umanità varia ed eventuale ...
In quella strada si imparava tanto: codici che rimangono nella mente come quello, importante della solidarietà tra povera gente.
Non parliamo di un secolo fà, bensì della metà degli ann '70.
Allora Santa Caterina non rivaleggiava più con Via Mirasole o il Pratello per chi fosse la strada più malfamata. Tanta gente era, giustamente, andata a vivere nelle case popolari fuori dalle mura con riscaldamenti e sciaquoni.
Questo blog non vuole comunque essere un "come eravamo" nostalgico, che la miseria non la rimpiange nessuno, ma solo un affettuoso ricordo e un appunto di storia perchè come disse qualcuno: "se non sappiamo da dove veniamo non sappiamo dove andare."

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Cortili che rivelano altre case unite da uguali miserie e numeri civici. Eppure così lontane attraverso i giardini incolti che portarono, infine ai pochi reduci della strada…

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Confinante con il cortile della casa della nonna c’era l’ Osteria. Inquietante per me bambino per via dei soffitti bassi, invisibili al fumo delle Nazionali e del trinciato forte. Inferno di fumo, odori forte e urla blasfeme, ma con una porta sul retro che portava ad un momento di frescura, guardando le bocce rotolare su un campo più livellato del pavimento dei portici…

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Dalla porta della casa di mia nonna, se si guardava in alto c’era una giungla di piante e rampicanti. In basso due rampe di scale ripidissime su cui si aprivano finestre le cui grate non proteggevano dai suoni e dai rumori. La vita delle scale entrava così, prepotente, nelle stanze…














Qui il cortile interno era lungo, stretto e, a tratti scivoloso di muschio. Due lati di case basse e le cantine comuni e sul terzo un muraglione a cui era appoggiato il vecchio pozzo coperto da una pesante lamiera e, a quanto si diceva, ancora perfettamente funzionale. Forse, nonostante l’alto muro, la disposizione del cortile permetteva comunque al sole di entrare

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Lavatoi, passaggi, ballatoi tutti necessariamente in comune che il concetto di riservatezza non è patrimonio della miseria…

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Tra tutti i cortili il Portonaccio era il più vasto e malfamato. Lì dentro si aprivano alcune botteghe e la sera del giorno dedicato a Santa Caterina si accendeva un grande falò che era il culmine di una festa fatta di tavolacci in mezzo alla strada, pignatte portate giù per le scale e ubriacature pubbliche solennemente celebrate…
















Dall’interno del Portonaccio il suono del martello sull’incudine del fabbro si mischiava alle grida, ai richiami, alle imprecazioni che riempivano il cortile…

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…androni bui ed oscuri quasi come tanti viatici verso la luce dei cortili…


















In case piccole e spesso con il cesso in comune su un pianerottolo, la vita era fuori. Sotto i portici e nei cortili. Una strada che era un paese e, come tutti i paesi, ognuno conosceva tutti e tutto di tutti.
In Santa Caterina i panni sporchi non potevano essere stesi in casa perché era la strada la casa…

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Sotto quel portico la mia infanzia vede ancora gradini che scendono verso botteghe da carbonaio, fruttivendoli, e altri nomi antichi, bui e odorosi inframezzati da portoni sempre aperti.
Bucchette della posta forzate o con nomi sgrammaticati, attaccati con nastro adesivo. Bidoni dell’immondizia cilindrici e metallici.
Odori di soffritto e chissà che altro. ..


Come tutte le strade dentro porta, anche S. Caterina (conosciuta più come il Borghetto) era, all’inizio del secolo trascorso, l’archetipo della periferia e del ghetto popolato dai ladri, puttane e pochi di buono e con fama uguale e superiore ad altre strade immediatamente dentro le mura come il Pratello, Solferino e Mirasole.
Vie buie e povere con codici personali nati nella strada.
Negli anni ’60 c’erano rimaste solo la dignità e la speranza ma, anche queste, una dozzina d’anni dopo vennero sfrattate per risanare e speculare sul mattone. ..

Santa Caterina inizio

Ad un paio di centinaia di metri da dove paganesimo e cristianità si congiungono nel portico più lungo d’ Europa, c’è una chiesa che interrompe, per un attimo, la lunga linea del portico addolcita dai giardini dopo il Cassero. La Chiesa, dedicata a Santa Caterina mostra lo scorcio di una strada stretta, a differenza delle altre successive, non nobilitate da un porticato. Muri,da una parte e dall’altra, come una ferita. Chi si addentra in questo capillare urbanistico, si troverà allo scoperto per qualche decina di metri. Poi, sulla sua sinistra, un lungo portico che, nella mia memoria sarà sempre e comunque irregolare, sconnesso, a volte talmente basso da permettere che i miei balzi infantili toccassero le travi in legno malamente ricoperte di intonaco.


Infine a metà degli anni ’70 comparvero i primi segni della ristrutturazione imminente. Progetti di monolocali da vendere o affittare a prezzo d’oro, attesero, impazienti, che i giovani migrassero verso case e quartieri più nuovi e che i vecchi se ne andassero per sempre lasciando libere quelle vecchie ed ora potenzialmente ricche, strutture…



Pavimentazioni che conservano del passato solo le merde di cane. Intonaci rifatti con colori tradizionali e vivaci. Sotto al portico si affacciano lucidi legni di portoni.
Ora chiusi e invalicabili.